Eâ Te che tocco Paese mio lontano
In alto mi levano i tuoi baci
nell’azzurro giungo il dito
il talo calco sul crinale
i flutti domino del fortunale.
Danza la luce.
mi perdo.
Tienimi!
Tu sei idea sontuosa di sentimenti
non amèno luogo silenzioso.
M’elevano al Divino Imperiale
vederci volare nello spazio totale
e diventare nomade spaziale
con la musica
d’ogni tempo collante universale.
Spargi amara eco
esule che
alle rime dai di nomade
nemèsi di dura vita vissuta.
Tutto è grande là .
Nella notte palpitante
quando il cielo pennella la luna
nelle orecchie degli insonni innamorati
degli incontri fatali
nascono i ricordi.
Quali casti sposi d’emulo disìo attratti
timidamente
l’un verso l’altro nella notte vanno
siffatti sogni illudono l’ignaro e nella bruma si dileguano
quando rossi rai del sole
e gialla luna
penetrano nel mare.
Di medesima sostanza dei sogni siam fatti noi
sicché vita nostra si spegne in essi.
Ciò che tocco:
il bicchiere, il desco, la penna per scriverti t’amo,
la tazza, un fiore, un quadro
è Te che tocco Paese mio lontano.
Ho visto stelle nuove, firmamenti e strade lattee,
sull’onda azzurra della speranza l’anima mia
è Te che piange terra mia perduta.
Le mie mani
attaccate ai tuoi seni di giglio
le mie labbra nelle labbra
il tuo corpo bacio intero.
Suonano i violini!
l’anima respira
cambia il vento
nel mio scoglio sull’immensità.
E’ te che tocco, Paese mio lontano.
Oh Terra madre mia!
Della fulgida luna nella mitica notte
cogli i bagliori.
Cangia l’orizzonte
e le ombre grigio nere
la fanno da padrone.
Magia del silenzio.
Simile a vistosi grappoli d’uva dai chicchi succosi
di vite d’alta balza
che amorosi davan la vita
dal tuo petto i seni tuoi
apparean agli occhi miei.
Tonfa il cuore!
Si fondono in un momento breve
le nostre vite
mentre s’aprono le porte all’infinito
allor mi sento più vicino alla luce di Dio.
Ed io in Te
che erro nell’armonia del mondo
d’intuizioni morali messaggeri
nei sacri penati traggo radici
con immortali peàna di pace,amore,solidarietà.
Paese mio lontano;
Tu delle Aci alla pari regina
nei toponimi e nei contatti vetusti alla luce venuti
avvolgi le tue virtù dei nobili fasti genìa.
Nel sentiero asfodèlo
alla finestra della stirpe del Sicàno
col sorriso inebriato
ci sei Tu Akis Antico e del Pastorello
zampognare echi di suoni soavi
evocano ricordi
Amore mio.
Cupido insorge
di Dafni coglie
tenere passioni e misere illusioni
con frecce alate.
Scilla e Cariddi veggo
tra opposte sponde
con malìa di fauci ingorde.
Quando dall’aer quieto l’Etna ninfa pomposa ammiro
la zolla ubertosa tra il mugo e la sorgiva sacra
nella terra a manto ben distesa verso il mare
e la battigia tocco per mano
ci sei Tu
Paese mio lontano.
Oleandri,cipressi,querce ed eucalipti
spinti dallo zéfiro alante
nell’aria spargono balsamici inalanti.
il mandorlo, il fico d’india.
Della mia terra fatta di lava e pomici
che dolcemente dirada verso il mare
sulla lingua il sapore ne tastai.
La zàgara, la ginestra e il gelsomino
ivi fioriscono l’ anno intero.
Le api a sciame il nido fanno di dolce miele sulle piante.
Le rondini, i fringuelli e i canarini
liberi svolano tra profumi si ebrianti.
Montagna di Vulcano
faticosa dimora
genio e forgia di belle armi
per gli dei.
Vulcano buono
di lapilli e ceneri
rischiarano lontani i fulgori.
Oh Madre Terra feconda!
del sole inquilina
stella del cielo
caduta sulla terra
del soffio di vento trai alimento
di erbe morbide pasci gli armenti pingui
del Mongibello le pendici vivacissime
pia fruttifichi di: nocciole, noci,
castagneti fitti e di prolifici vigneti,
la bella vista al mare
è naturale.
Zolle ubertose donate a ristor delle genti
fertile vanga infrante dal seme morendo
chicchi maturi e frutti copiosi protesse
a cibo fornir.
Tavola imbandita della famiglia
è il primo nucleo: intreccio di sentimenti
rito d’affari e serti connubio amoroso.
Lento nel tempo rèmigo
i sentieri dei ricordi vedo
della gente il vociar consueto mai spento
un rudere di casa almeno stringo forte.
Amico e germano
i lazzi e il pensier profondo
coniugati al viver civile
di proficuo eloquio i presagi
furono sapienti.
Forse ora per l’irta collina solinga
le vive spoglie avvolte da terra fredda:
un nome svetta della tua giovine vita rotta da cupa sorte.
Morte dell’amore ruina
un tarassaco rupestre,un fioco cero acceso,una mite lagrima calda
sul loculo adorno in ricordo;
perché da dove vien l’uomo torna.
Dove sei ben so
ed io te seguirò per riposar a te vicino
nella notte senza mattino.
Pallida luna mostrati in ciel
a rischiarar le tombe
nella notte che dimoia.
Flauto d’ossi
di croce in croce lugubre
airone cinereo vagola
di beata solitudo
serafiche virtù speranza e amor
cantando nella triste notte.
Il vento forte dalle tombe
spazza via i fiori e la morte.
Da loco laziale
il travertino in blocco fulgido arrivò
e mano savia in angelo lo trasformò.
Il cherubino lo sguardo severo
al passato volto
in su la stele posò.
ACI tra le ACI la maggior amata
d’alghe salsedine profumi di mare
d’arte e cultura ellenica culla e sorgente
perla dell’Jonio brilli
gran signora per Te
io grato ci sarò!
Nell’aria nel sole nell’ onde azzurre a scaglie
nel cielo nei profumi,
per Te è tutto ciò che c’è.
Avan di morir
quanta gente
tue siffatte bellezze non vedrà
oh terra mia adorata.
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